Reati venatori – chi delinque detesta i controlli

A livello politico hanno dovuto leccarsi le ferite, perché l’ennesimo illegale tentativo delle Regione Lombardia di allargare le maglie ampliando la possibilità di sparare a specie in situazione critica è fallito grazie alla nuova battaglia legale condotta per la LAC davanti al TAR dall’avvocato Linzola.
Ma i cacciatori, quelli bresciani in particolare, stanno fortunatamente incassando tegole anche da un altro punto di vista giudiziario: merito della raffica di denunce penali, decine e decine nell’arco di poco più di due settimane, piovute su di loro grazie all’attività di carabinieri forestali e polizia provinciale, e dovute in parte anche all’attività di vigilanza volontaria delle associazioni ambientaliste.

Citare tutti gli episodi registrati dall’inizio della stagione venatoria richiederebbe fin troppo spazio, quindi ci limitiamo ai più eclatanti.

Come quelli avvenuti domenica 17 ottobre. Grazie all’azione delle guardie venatorie volontarie del Wwf, dell’Arcicaccia e della Provincia, sui territori di Leno, Gambara, Gottolengo e Offlaga la polizia provinciale ha denunciato in poche ore 11 persone: cacciatori che avevano abbattuto anche uccelli particolarmente protetti (ben 76 gli esemplari sequestrati) usando richiami elettroacustici.
Nei giorni precedenti, a Collebeato, nell’hinterland cittadino, i carabinieri forestali intervenuti a supporto delle guardie LAC in azione con quelle dello SVA di Legambiente hanno denunciato un capannista sorpreso mentre sparava ai fringillidi utilizzando l’ennesimo richiamo elettroacustico. Lo faceva da un appostamento fisso piazzato in un pescheto e a pochi metri dalla sua attività di vendita ortofrutta a km 0 e dalla passeggiata sul Mella, frequentata dalle famiglie e dai bambini.

in foto: avifauna abbattuta illecitamente con l’utilizzo di richiamo acustico. Fringillidi ( specie non cacciabili) nascosti nella scatola di cartucce. Fucili sequestrati

Dopo la verifica dei richiami vivi detenuti, ne sono stati sequestrati una decina per via degli anellini visibilmente contraffatti, insieme a due fucili e alla fauna abbattuta illegalmente.

Un episodio che ha seguito l’operazione attuata nella stessa giornata dalle guardie venatorie volontarie di Legambiente e dell’Arci caccia a Puegnago a carico di un altro capannista: prima è stato verbalizzato per la mancata annotazione sul tesserino di un colombaccio abbattuto, poi, grazie all’intervento dei dei carabinieri forestali di Gavardo, ha ricevuto una denuncia per contraffazione di sigilli e il sequestro di 17 esemplari di tordo bottaccio e di merlo dotati di anellini falsificati.
Nei giorni scorsi sono piovute altre denunce venatorie grazie invece alle guardie dell’associazione Nogez: hanno riguardato alcuni cacciatori vagantisti che sparavano a specie protette usando richiami elettronici e un cacciatore che tranquillamente sparava ai fringillidi da casa sua.

Il vero volto della caccia, e insieme le dimensioni del traffico illegale di selvaggina destinata a ristoratori compiacenti e fonte di lauti guadagni in nero, è emerso anche da un’operazione nata la settimana scorsa anche in questo caso dall’attività antibracconaggio della LAC .

I volontari hanno individuato un rustico pieno di potenziali sorprese attorno al quale, sul terreno, c’erano le tracce lasciate dai «sep», le mini trappole per uccelli insettivori,

e il successivo coinvolgimento dei carabinieri forestali del reparto antibracconaggio Soarda ha avuto sviluppo clamorosi.
I militari hanno bloccato il gestore del rustico, un cacciatore capannista, sequestrandogli non solo gli uccelli non consentiti vivi, ma anche un fucile, una serie di reti a scatto per la cattura di uccelli vivi e ben 150 pettirossi uccisi con i sep nelle ore precedenti, con le 60 trappole che l’uomo aveva piazzato poco distante lungo il tragitto che percorreva per raggiungere il suo capanno.

Un risultato importante preceduto e accompagnato da molti altri. Che potrebbe essere molto più significativo se gli organici dei carabinieri forestale e della polizia provinciale non fossero stati così tagliati da riforme che non hanno fatto risparmiare nulla e da riordini vari sempre a danno dell’ambiente e della fauna.

Senza questi tagli dissennati, anche gli agenti della provinciale e i militari che lavorano nelle stazioni del Bresciano potrebbero contrastare meglio il bracconaggio. Invece sono in pochi e, nel caso dell’Arma, devono pattugliare un territorio di 4.800 chilometri quadrati occupandosi anche di prevenzione degli incendi, contrasto dell’inquinamento e controllo delle valanghe.

Tornando alla zona d’ombra della caccia, sappiamo che dopo aver attaccato pubblicamente i loro padrini politici in Regione per l’ennesimo «bidone» ricevuto con il nuovo calendario venatorio ridimensionato grazie alla LAC , i cacciatori colpiti nell’onore stanno tentando di fare da soli con una protesta contro i controlli a loro carico: naturalmente continuiamo a sperare che per una volta nella vita comprendano insieme ai loro impresentabili sponsor il significato della vergogna, ma dato che difficilmente sarà così diciamo loro che la LAC non smetterà mai di confutare con i fatti le loro menzogne.

 

20.10.2021

 

Fringuelli abbattuti da un cacciatore capannista denunciato grazie alle Guardie LAC

 

 

Picchio Rosso fucilato da un cacciatore capannista. I Picchi sono specie particolarmente protetta
Fringuello femmina abbattuto da cacciatore capannista

 

 

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