COMUNICATO STAMPA

Dove vengono macellate le decine di migliaia di cinghiali abbattuti ogni anno in Umbria?

Chi se li mangia e chi controlla che vada tutto bene?

 

Dove vengono macellate le decine di migliaia di cinghiali che vengono uccisi ogni anno dalle oltre 200 squadre di cinghialisti che risultano iscritte in Regione Umbria, e con quali controlli?

In Umbria il numero di cinghiali negli ultimi 10 anni – stima Coldiretti – è passato da circa 25/30.000 a 75/80.000” … ma questi dati non risultano da alcun documento ufficiale; chi ha contato i cinghiali umbri “vivi o morti”? Se i cinghiali come affermano in Regione devono essere “sterminati”, quanti cinghiali deve abbattere ogni ATC in un anno?

Problemi di matematica semplice ma nessuno fornisce dati certi, nemmeno gli ATC sulle squadre di cinghialisti, sulle battutte effettuate e sui cinghiali che vengono uccisi dalle 208 squadre di cinghialisti umbri (…e non solo, perché arrivano anche da altre regioni pure lontane e persiono dall’estero per fare braccate) e regolarmente denunciati.

Com’è noto, il rischio sanitario associato al consumo di carni non sottoposte a controlli veterinari è alto; quelle di cinghiale potrebbero portare a contrarre una zoonosi parassitaria pericolosa come la Trichinellosi od essere veicolo della terribile Peste Suina, epidemia segnalata dalla Regione Umbria come possibile. Considerato che tutti i selvatici uccisi pare che vengano consumati, l’applicazione da parte del cacciatore di tutte le necessarie precauzioni e manualità risulta quindi di fondamentale importanza per assicurare la qualità igienica ed organolettica delle carni, e la loro conservabilità. I cacciatori, per il Reg. CE n. 852/2004, diventano “produttori primari” ed in quanto tali assumono la funzione di “operatore del settore alimentare” e di conseguenza divengono diretti responsabili della sicurezza alimentare, dovendo in modo oggettivo e verificabile garantire che tutte le fasi sulle quali hanno giurisdizione, dall’abbattimento al dissanguamento fino al conferimento della carcassa presso il centro di sezionamento, soddisfino i requisiti igienici richiesti. Eppure né i Dipartimenti di Prevenzione delle Asl né tantomeno gli ATC umbri forniscono dati precisi e verificabili sui numeri degli abbattimenti, la conservazione dei capi abbattuti, gli esami sanitari obbligatori, le modalità di commercializzazione o altro tipo di distribuzione delle carni dei selvatici. E da tutta Italia giungono non di rado preoccupanti notizie riguardo ad attività illecite di foraggiamento abusivo, braccate eseguite senza obbligatoria segnalazione anche in ore notturne, macellazione e lavorazione abusive dei capi abbattuti, smercio illegale di carni non sottoposte a visita ispettiva veterinaria. Per evitare che situazioni simili possano verificarsi anche nella nostra Regione, soprattutto in periodo di COVID 19 nel quale tutte le forze dell’ordine sono impegnate in altro tipo di controlli che non quelli venatori, la LAC Umbria ha effettuato un dettagliato e accurato accesso civico per chiarire come vengano effettuate su tutto il territorio regionale le tantissime, indispensabili operazioni di controllo delle carni da selvaggina lungo tutta la filiera. Dalle sommarie informazioni assunte telefonicamente, pare essere assente anche qualunque tipo di specifica formazione per i cacciatori, parte integrante di un processo qualitativo che devono garantire per legge la salute dei consumatori di carne di selvaggina e il cui consumo legale e privo di rischi per la salute umana deve essere assolutamente garantito. Occorre che tutti noi cittadini esigiamo che i controlli vengano effettuati a tappeto e di conoscere tutti i dati di essi e degli abbattimenti effettuati: ne va della salute nostra e dei nostri cari.

Delegato LAC (Lega per la Abolizione della Caccia) Regione Umbria

Dott.ssa M. Patrizia Latini Loc. Asproli 44 06059 Todi 3281156034

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