Perché i lupi “non” vanno abbattuti e le persone vanno informate e formate: adesso!

ENPA,   FLAMA D’ANAUNIA,   LAC,   LIPU,   PAN-EPPAA,  COMITATO PER L’ORSO TRENTINO ALTO ADIGE/SÜDTIROL.

In Italia, negli anni ’70, erano rimasti, concentrati in Abruzzo e Calabria, poche decine di lupi; lo Stato italiano, con apposite leggi, si è saggiamente assunto la responsabilità di proteggerlo dall’estinzione provocata non da eventi naturali, ma da innaturali azioni dis-umane. Nella nostra regione il lupo è scomparso nella seconda metà del 1800 a seguito della persecuzione dell’uomo con ogni mezzo quali fucili, veleno e trappole. Nei boschi del Trentino oggi si contano 6 branchi e una coppia per un totale di 40 esemplari; in Alto Adige/Sudtirol solo qualche esemplare in dispersione.

I lupi non attaccano l’uomo, come ha lucidamente chiarito il prof. Boitani, massimo esperto italiano, semmai lo potrebbero fare i cani rinselvatichiti. I lupi non sono stati reintrodotti o paracadutati ma hanno unicamente riconquistato habitat disponibile. La popolazione di lupi non cresce all’infinito, ma in base alla disponibilità di fonti alimentari il numero si stabilizza e non aumenta. “Non ci sono mai troppi carnivori nell’equilibrio della natura, ce ne sono tanti quanti la catena alimentare ne consente”, spiegano gli esperti del Parco della Majella.

I lupi sono animali sociali culturali, perché trasmettono alle nuove generazioni le gerarchie di branco, le strategie di caccia, la diffidenza verso l’uomo e l’attitudine a tenersene lontani. Ricordiamoci che perseguitare i lupi può portare a risultati indesiderati, seppure facilmente prevedibili: i branchi sottoposti a pressione venatoria si disperdono, perciò i singoli individui non essendo più in grado di cacciare prede selvatiche si rivolgeranno, alle più facili prede domestiche, se queste non vengono custodite.

Per quanto riguarda gli abbattimenti in deroga alla legge che vieta di cacciare o comunque uccidere specie protette, questi sono già previsti, in casi definiti, dal piano, e sono contemplati dalla Direttiva Habitat. Non occorre, quindi, modificare nulla. Tutti gli studi dimostrano che le tecniche di prevenzione dei danni sono la soluzione più efficace per garantire la convivenza della zootecnia con la presenza del lupo; per questo l’abbattimento legale dei lupi non risolve il conflitto con gli allevatori ma rischia di amplificarlo. Le esperienze di pacifica convivenza in Italia non mancano, ad esempio nel Parco Nazionale della Majella che garantisce una gestione pienamente rispettosa degli equilibri naturali, non violenta, dalla parte sia dell’ambiente che della zootecnia e della salute dei cittadini.

La decisione delle due Province autonome di Trento e Bolzano non ha riaperto alcuna discussione, giacché le discussioni presuppongono più voci a confronto e, invece, in queste province si preferisce privilegiare l’ascolto esclusivamente di alcune categorie quali cacciatori e allevatori, ignorando le altre voci della società civile e i pareri degli esperti e degli scienziati. Della convivenza tra fauna selvatica e attività umane in Trentino non pare sia importato granché a nessuno, visto lo scarso livello di informazione proposta ai cittadini.

Alcuni organi d’informazione locale, di fronte all’alzarsi scomposto dei toni, hanno semplicemente alzato … la cornetta del telefono e parlato con la dottoressa Roberta Latini dell’Ufficio studi, ricerche faunistiche e censimenti del Parco Nazionale d’Abruzzo, la quale ha dichiarato che “là dove il lupo non è mai scomparso, la popolazione, agricoltori e allevatori compresi, non ha mai smesso di prendere le opportune misure di prevenzione. Per la prevenzione dei danni, per il monitoraggio della specie, per le attività di informazione e formazione degli allevatori gli strumenti ci sono; è sufficiente proporli e incentivarli”. Se occorre, rimborsano celermente i capi predati e migliorano le misure di prevenzione, quali le recinzioni elettrificate, che, però, va sempre ricordato, se non sono disposte a regola d’arte perdono di efficacia.

I parchi, gli spazi naturali, coinvolgono soggetti diversi, ma coloro che vivono, lavorano, vanno a caccia e a pesca e frequentano questi luoghi non sono gli unici portatori d’interesse. Le montagne appartengono anche a chi non vive qui, anche a chi non ci verrà mai, ma apprezza che siano luoghi ricchi di biodiversità, appartengono anche ai milioni di persone che arrivano come turisti o programmano un soggiorno nel nostro territorio, a condizione che l’ambiente e i suoi animali siano tutelati. Queste persone si sentono giustamente coinvolte e compartecipi, e le loro aspettative ed opinioni non vanno trascurate. Proprio in questa regione dovrebbe prevalere l’approccio dell’ecoturismo consapevole e rispettoso, che non è disposto a tollerare amministrazioni “sparatutto”.

Le persone non sono generalmente né stupide né cattive, il lento ma costante diffondersi dello stile di vita eco-compatibile, la civile condotta di quegli allevatori disposti a qualche sacrificio pur di mantenere il privilegio di vivere in un ambiente reso più biologicamente più ricco grazie a preziose specie selvatiche quali lupo e orso, ci fa capire che le persone correttamente informate, riescono ad adeguarsi agevolmente anche alle mutate condizioni ambientali. La conoscenza è il futuro, è la consapevolezza che rende i cittadini aperti e pronti al cambiamento, motivato da ragionevoli e solide considerazioni etico/culturali. I ritorni naturali e le reintroduzioni funzionano solo fino a che c’è armonia tra le componenti politiche, economiche e l’opinione pubblica.

L’ambientalismo non riguarda solo visionari utopisti; l’ambientalismo riguarda la vita sul pianeta e la salute di tutti: ambiente e animali, uomini compresi, e non ci pare poco! Ricordiamolo: la montagna non è un museo, non può essere ridotta a un diorama con animali impagliati, e gli equilibri della natura sono meccanismi perfetti, ma delicati e fragili, frutto di lunga selezione, su cui non si può intervenire, ancora, come cavernicoli impugnando una clava o le sue versioni attuali: fucile e deroghe alle leggi. Le migliori difese per l’uomo e per le sue attività, rimangono sempre le stesse: conoscenza della specie “canis lupus” e utilizzo corretto e attento delle misure di prevenzione.

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