Siede in consiglio regionale da anni ma sembra l’ultimo arrivato il neo assessore bresciano Fabio Rolfi.
Da esordiente, con la «macchina» regionale non ancora a punto e con i tanti problemi reali che l’agricoltura lombarda deve affrontare, ha dimostrato di avere la caccia, o meglio la faccia peggiore della caccia, come interesse primario. E ha messo a punto una campagna delirante che punta a smantellare una storia più che ventennale – ed ecco spiegata la sua apparente ignoranza – di sconfitte incassate dalla Regione Lombardia negli infiniti tentativi di azzerare le convenzioni europee sulla tutela della fauna e le competenze dello Stato in materia venatoria.
In quanto ad arroganza politica e ambientale, il bresciano Rolfi ha già superato in pochi giorni di incarico gli anni della gestione Fava, e sta cercando di giustificare il suo folle e illegale tentativo di deregulation, che comprende anche la riapertura dei roccoli chiusi – finalmente – da un provvedimento statale, mistificando la realtà economica e vendendo dati improponibili.
Rolfi parla della necessità di reintrodurre le deroghe, dando il via (che novità!) alle fucilate a peppole, fringuelli e soprattutto storni anche per sostenere l’industria delle armi sportive, dimenticandosi di dire che da decenni ormai il 90% della produzione finisce all’estero, e vuole decretare una caccia senza quartiere allo storno accusandolo di danni il cui ammontare – 60 mila euro nel 2017 su tre province (Brescia, Pavia e Sondrio) – fa ridere nella sua pochezza.
Naturalmente si dimentica anche di dire che questa specie ha un ruolo enormemente positivo nel controllo di insetti potenzialmente molto più pericolosi per le colture agricole; ma ci siamo abituati da sempre alla distanza siderale tra la verità scientifica e la cosiddetta politica, scientificamente molto capace solo nella vendita di panzane populiste.
Lo scenario della gestione Rolfi appare insomma chiaro: deroghe illegali per «legalizzare» la strage di specie protette che avviene comunque ogni anno, anche senza autorizzazioni, e una riapertura del mercato clandestino dei richiami che i roccoli autorizzati hanno contribuito ad alimentare per decenni. Davvero un bel passo in avanti verso una opinione pubblica sempre meno disposta a tollerare le ragioni degli sparatutto. Naturalmente, la Lega per l’abolizione della caccia non starà a guardare, e riprenderà la battaglia per la legalità che l’ha vista tante volte battere in sede legale l’arroganza dei Rolfi di turno in Lombardia, Veneto e Liguria.

LAC - Lega Abolizione Caccia
Peppola

Milano, 19.04.2018
Ufficio Stampa LAC Lombardia

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