Peste Suina: E se i “veicoli” del contagio fossero gli allevamenti di cinghiali allo stato brado e il turismo venatorio nei Paesi dell’Est Europa?
Ricordiamo che la PSA si trasmette fra suidi per contatto diretto e all’interno degli allevamenti quando non si rispettano le misure di biosicurezza.
 
Sulla peste suina la Regione Marche ha scelto di prendere tempo e di non decidere la sospensione immediata della caccia al cinghiale anche sul territorio della Regione Marche, come avevamo chiesto in un precedente comunicato, ancora una volta per non scontentare i cacciatori!
 
L’assessore Carloni si è affidato quindi alla buona sorte, sperando che il contagio resti confinato nella zona tra Piemonte e Liguria, ed affidandosi alla “vigilanza passiva” da parte dei cacciatori, agricoltori e comuni cittadini, che dovranno segnalare tempestivamente alle autorità competenti gli eventuali avvistamenti di carcasse di cinghiali morti.
Intanto, nei giorni scorsi, proprio nella confinante Umbria siano stati rinvenuti 3 cinghiali morti in modo “sospetto”, peraltro in luoghi distanti tra loro molte decine di chilometri e sui quali l’Istituto Zooprofilattico di Umbria e Marche sta ora effettuando le dovute analisi.
 
Recentemente sono stati accertati casi di cinghiali morti di PSA anche nel Lazio ed alle porte di Roma.
Ma come hanno fatto i cinghiali “piemontesi”, “liguri”, “umbri” e “laziali” ad ammalarsi di peste suina africana, se questa malattia è attualmente presente solo nell’Est Europa e in particolare in Romania?
 
Inoltre, se si tratta di una pestilenza “africana”, come ha fatto ad arrivare dall’Africa e ad approdare direttamente nell’Europa dell’Est, precisamente in Georgia, saltando il Mare Mediterraneo?
 
Se il “veicolo” del contagio, come ci vogliono far credere, sono i cinghiali selvatici, allora la prima Regione italiana ad essere “infettata” sarebbe dovuta essere il Friuli Venezia Giulia, la Regione più ad Est dell’Italia che confina con la Slovenia!
 
Invece in questa Regione finora non sono stati segnalati casi di cinghiali morti di peste suina.
 
Forse c’è qualcuno che pensa che i cinghiali volino?
 
Non sarà invece che la peste suina si genera e si diffonde in quegli allevamenti allo stato brado o semi-brado, spesso abusivi, dove per la “filiera” agroalimentare della carne di cinghiale, tanto magnificata dalla Coldiretti e C., vengono allevati insieme e fatti poi incrociare i cinghiali con i maiali, quest’ultimi provenienti magari proprio da quegli allevamenti intensivi di suini dove le condizioni igienico-sanitarie sono pessime, e dove è quindi estremamente facile ammalarsi di peste suina?
 
Oppure non sarà arrivata effettivamente in aereo, ma con gli scarponi, gli indumenti, i cani, le armi, i “trofei” dei ricchi cacciatori italiani, che hanno partecipato a quei famigerati “Safari” organizzati dai Tour Operator nell’Est Europa, soprattutto in Romania, dove, come detto, la peste suina sta ormai dilagando da anni?
 
Per quanto riguarda gli allevamenti di cinghiali, completamente sconosciuti all’opinione pubblica, proprio lo scorso anno come LAC Marche ed Umbria avevamo effettuato una serie di richieste di accesso che, solo nelle Marche, avevano riscontrato la presenza di
una sessantina di allevamenti di cinghiali, allevati prevalentemente per “riproduzione” ed “ingrasso”.
 
Ma è noto che in molte Regioni italiane i cinghiali vengono allevati anche in Aziende Faunistiche ed Agrituristiche Venatorie con il preciso scopo di “ripopolare” le Riserve di caccia private, oppure le aree faunistiche dove i cinghiali scarseggiano!
 
Il problema è che in tutta Italia esistono migliaia di allevamenti di cinghiali, molti dei quali non sono dotati di adeguate recinzioni, per cui esiste il fondato rischio e sospetto che qualche cinghiale o suino infetto possa essere fuggito da essi, ed essere poi entrato in contatto con i cinghiali selvatici, diffondendo così la peste suina anche in Italia!
 
Senza contare poi gli allevamenti di cinghiali abusivi, dei quali non si sa nulla, se non quando vengono scoperti dalle Forze dell’Ordine.
 
Invece c’è chi, come il Presidente della Regione Liguria, i consiglieri della Lega in Umbria o la stessa Coldiretti, che chiedono tutti i giorni l’intervento dei cosiddetti “salvatori della Patria”, ovvero dei cacciatori, per sterminare tutti i cinghiali!
Una cosa peraltro tecnicamente impossibile da realizzare, ma se anche per assurdo ciò fosse possibile, una volta eliminati tutti i cinghiali, a chi sparerebbero poi i cacciatori?
Probabilmente a quel punto si permetterà di nuovo di allevarli e di reintrodurli per ripopolare il territorio, con la scusa che sono indispensabili per l’equilibrio biologico…
 
E’ comodo, infatti, considerare i cinghiali come “capro espiatorio” e trattarli come fossero loro gli “untori” della peste suina, mentre in realtà sono solo le “vittime” di un giro di affari sempre più redditizio, rappresentato dalla caccia al cinghiale e dalla conseguente “filiera” commerciale basata sulla vendita ai ristoratori dei capi uccisi durante le braccate!
 
Come LAC Marche, chiediamo quindi la chiusura di tutti gli allevamenti di cinghiale nelle Marche, ed il divieto immediato di caccia al cinghiale su tutto il territorio regionale, come è stato già ordinato in centinaia di Comuni di Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Toscana.
Chiediamo inoltre che sia fatta una seria indagine sul numero dei cinghiali abbattuti ogni anno nella nostra Regione, una verifica sulla tracciabilità delle carni dei cinghiali uccisi e maggiori controlli sanitari sugli animali abbattuti con le braccate.
 
Infatti, le battute di caccia fanno disperdere i branchi di cinghiale per decine e decine di chilometri e possono quindi veicolare il virus e diffondere il contagio, mentre i cacciatori possono fungere da vettori meccanici del virus della PSA, con il trasporto di carni infette degli animali abbattuti e le loro pratiche di eviscerazione.
 
Inoltre, come attestano gli esperti dell’EFSA, la caccia non è assolutamente uno strumento efficace per ridurre la popolazione dei cinghiali, ed anzi, tutti gli studi effettuati, dimostrano in modo inconfutabile come la proliferazione della popolazione del cinghiale e quindi anche l’aumento dei danni causati all’agricoltura e degli incidenti stradali, sia proprio la conseguenza diretta della accanita pressione venatoria nei confronti di questa specie.
 
Pensare di contenere il numero dei cinghiali e quindi con esso impedire il dilagare dell’epidemia della peste suina, incrementando la caccia in braccata, come chiede tutti i giorni la Coldiretti, che ormai possiamo equiparare ad un’associazione venatoria, è a dir poco velleitario!
 
Non vorremmo quindi che anche questa pandemia di peste suina venga presa a pretesto per fare l’ennesimo regalo ai
cacciatori e permettere le loro braccate al cinghiale tutto l’anno ed ovunque, quindi anche dentro i Parchi e le aree vietate alla caccia, o nelle periferie delle nostre città.
Poi, se le cose si mettessero male e si dovesse procedere ad abbattimenti di massa negli allevamenti di suini, la Coldiretti e le altre associazioni di categoria sarebbero le prime a battere cassa al Governo per avere i risarcimenti.
Che li chiedano invece alle associazioni venatorie con le quali vanno sempre a braccetto o a quei politici ed amministratori compiacenti, che legiferano sempre e soltanto in favore dei cacciatori, senza mai pagare di tasca propria per le loro iniziative!
 
Stavolta però non esiteremo a rivolgerci anche alla Corte dei Conti…
 
 
Danilo Baldini – Delegato LAC per le Marche
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