Non c’è pandemia che tenga per la Regione Lombardia, e non c’è alcun limite all’arroganza nell’azione di una giunta che non conosce la vergogna quando si tratta di occuparsi di una minoranza sempre più ristretta ma sempre troppo coccolata. Anche quando, appunto, bisognerebbe occuparsi seriamente (e forse la magistratura avrà prossimamente qualcosa da dire sull’efficienza dell’approccio lombardo) di un virus dalle conseguenze letali.

Mentre le case di riposo si svuotavano, il commercio e l’attività produttiva si fermavano e gli ospedali (pubblici) scoppiavano, l’assessore Fabio Rolfi ha lavorato intensamente, preparando sotto copertura (quella garantita dall’attenzione mediatica per l’emergenza sanitaria) una serie di nuovi pacchi regalo per i cofinanziatori della sua campagna elettorale. Regali anche costosi; come la reiterazione a febbraio del finanziamento da 200mila euro (600.000euro in tre anni) già assicurato lo scorso anno per il restauro di quei roccoli che la Regione vuole equiparare a beni culturali; manco si trattasse del castello sforzesco. Particolare importante: i fondi già spesi lo scorso anno erano già stati destinati solo a quegli impianti “abilitati” a catturare gli uccelli, autorizzati illegalmente con un decreto.

Non contento di essere stato fermato l’anno scorso dall’azione legale della Lac, dalla diffida della Commissione europea e infine dall’annullamento del Governo, l’assessore ha già pronta una nuova deroga di riapertura (illegale) delle uccellande. In questa fase di emergenza sanitaria sarebbe scandaloso anche solo il tempo e il denaro pubblico sperperato per aprire deroghe illegali e i  200mila euro regalati ai roccolatori, ma Rolfi è andato oltre con altre false promesse pur di accaparrasi la frangia di cacciatori più estrema e ingenua. Ha messo in piedi un Osservatorio faunistico regionale a servizio dei cacciatori, inventato per fare da contraltare ai pareri quasi sempre negativi dell’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, e naturalmente senza coinvolgere le associazioni ambientaliste ma solo quelle venatorie, ha chiesto nuove deroghe per l’abbattimento extra legge ed extra convenzioni europee di: storni, piccioni torraioli e perfino fringuelli. E nel frattempo la Regione, perdendo anche in questo caso, ha impugnato davanti al Consiglio di Stato il decreto di sospensiva del Tar (al quale si erano rivolte Lac, Lav e Enpa) che ha fermato il piano-massacro illegittimo dei cacciatori delle volpi nel Lodigiano. Non è finita, a breve  è prevista l’ennesima modifica della legge regionale 26/93, con i soliti emendamenti che prevediamo disastrosi . Per ingraziarsi i suoi elettori l’assessore ha  proposto al consiglio regionale di liberalizzare la caccia (esercitata dai cacciatori a scopo ludico-amatoriale e non di controllo) al camoscio, cervo, muflone e capriolo oltre che quella al cinghiale durante tutto l’anno anche col visore notturno.

Davvero un attivismo encomiabile che, non solo alla luce dell’attuale contesto sanitario, sociale ed economico farebbe arrossire qualsiasi amministratore pubblico degno di tale nome. Ma come detto la Regione Lombardia ci ha abituati da decenni all’oscenità: nonostante ciò chiediamo a chi in consiglio regionale ha ancora la dote del pudore di dire basta, e al resto dell’opinione pubblica lombarda di ricordare a questa classe politica il significato della vergogna.

Ufficio Stampa LAC Lombardia

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