Cacciatori mascherati da guardie per cacciare tutto l’anno, anche nelle aree protette

Col pretesto del controllo della peste suina, la ministra delle Politiche Agricole Bellanova tenta di reintrodurre dalla finestra proposte di legge più volte uscite dalla porta in quanto fotocopia di emendamenti ai più vari testi, incluse le passate leggi di bilancio, più volte bocciati dal Parlamento.

Ci riferiamo alla bozza di decreto legge “Misure urgenti di prevenzione della diffusione della peste suina africana”, che ricalca una formulazione notoriamente oggetto di precedenti bocciature perché palesemente inefficace a raggiungere lo scopo prefissato, ovvero tutelare gli agricoltori, ma diretta esclusivamente a compiacere gli interessi del mondo venatorio.

Si tratta -in particolare- di un comma, contenuto nella bozza di D.L. inviato al pre-consiglio dei ministri nella giornata di lunedì 12, che in sostanza consente anche alle squadre dei cacciatori di sostituire il personale pubblico di vigilanza (in primis gli agenti di polizia provinciale) in non meglio precisati piani di controllo del cinghiale per il contrasto della peste suina. E’ bene precisare, infatti, che il solito corso che i cacciatori sono tenuti a seguire, per quanto approfondito possa essere, non può essere ritenuto tale da consentire a chi persegue interessi privatistici, parziali e determinati, di esercitare una funzione pubblica che, peraltro, può in taluni casi sostanziarsi in azioni che con questi interessi confliggono.

Del resto, le stesse linee guida dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) per la gestione della Peste Suina Africana, chiariscono che l’uccisione indiscriminata dei cinghiali non garantisce affatto di diminuire il rischio di diffusione della patologia, in quanto non esiste una soglia minima di popolazione di animali sotto la quale è possibile affermare che la patologia non può più circolare. Inoltre sempre la stessa EFSA precisa che sono proprio i cacciatori uno dei principali vettori della Peste Suina in quanto sono le uniche persone che possono entrare in contatto con i cinghiali portatori della patologia, ancor di più tramite le pratiche di eviscerazione dei cinghiali uccisi e poi di conseguenza trasmetterla anche in ambiti dove siano presenti allevamenti suinicoli.

Il maldestro provvedimento si guarda bene dal vietare la commercializzazione di tali carni e non individua altre azioni soprattutto preventive; la peste suina è pertanto un semplice grimaldello per fare entrare i cacciatori nelle aree protette, come oasi e parchi, in “avvalimento” al personale pubblico di vigilanza, anche in periodi di divieto di caccia, con buona pace della sicurezza e della pubblica incolumità.

 

 

 

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