PIANO QUINQUENNALE AREE PROTETTE: LA REGIONE DELEGA TUTTO AI CACCIATORI!

Sta facendo molto discutere il nuovo Piano Quinquennale 2021/2025 per le Aree protette delle Marche, proposto dall’assessore regionale all’Ambiente Stefano Aguzzi e poi approvato all’unanimità dal consiglio regionale.
Rispetto alla precedente versione, infatti, sono state introdotte alcune “novità” che mirano a permettere un maggiore coinvolgimento delle associazioni venatorie nella gestione diretta della fauna selvatica presente nei parchi e nelle riserve regionali e nazionali delle Marche.
Sarebbe come: “mettere una volpe a guardia del pollaio, perché conosce bene i suoi polli!”
Ci riferiamo alla possibilità di coinvolgere le associazioni venatorie nel monitoraggio e nel censimento delle specie presenti o di passaggio nelle aree protette, per scopi “scientifici”, mediante la loro cattura con apposite reti, oppure di permettere l’organizzazione di prove ed attività “cinotecniche” (addestramento cani da caccia) sempre all’interno delle aree protette. In merito al primo punto, si precisa che la Legge n. 157/92 – Art. 4 (Cattura temporanea e inanellamento) è estremamente chiara e recita testualmente al comma 1 che: “Le Regioni, su parere dell’ISPRA, possono autorizzare esclusivamente gli istituti scientifici delle università e del Consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la cattura e l’utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati”.
Ed ancora al comma 2: “L’attività di cattura temporanea per l’inanellamento degli uccelli a scopo scientifico è organizzata e coordinata sull’intero territorio nazionale dall’ISPRA; tale attività funge da schema nazionale di inanellamento in seno all’Unione europea per l’inanellamento (EURING).
L’attività di inanellamento può essere svolta esclusivamente da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalle Regioni su parere dell’ISPRA; l’espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, ed al superamento del relativo esame finale”. Per quanto riguarda invece la possibilità di allenare cani da caccia e quindi di stanare gli animali che vivono nelle aree protette, essa è a tutti gli effetti un’attività venatoria e quindi non è ammessa nei parchi e nelle riserve naturali, in base alla Legge Quadro n. 394/91, in quanto arreca disturbo alla fauna selvatica, specie nel periodo riproduttivo.
E’ stata poi solennemente confermata dall’assessore Aguzzi l’attività di “controllo” delle specie cosiddette “invasive” e in sovrannumero presenti nelle aree protette, con particolare riferimento al cinghiale, una specie peraltro che da sempre viene cacciata nei parchi e nelle riserve marchigiane, con il benestare e il fattivo coinvolgimento degli Enti gestori delle aree protette, che si dividono poi con i selecacciatori i proventi derivanti dalla vendita dei cinghiali uccisi ai mattatoi ed ai centri di lavorazione della carne di selvaggina.
A questo proposito, vorremmo ricordare all’assessore Aguzzi, cacciatore dichiarato, ed a tutti i consiglieri regionali di maggioranza ed opposizione, che il “problema” dei cinghiali è stato causato proprio dalle associazioni venatorie che, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, hanno introdotto in Italia per i loro scopi venatori, la specie di cinghiale ungherese, molto più grossa e prolifica di quella autoctona, che in pochi decenni si è riprodotta in modo esponenziale, diffondendosi praticamente ovunque! Inoltre, autorevoli studi scientifici hanno ormai dimostrato che è proprio la caccia al cinghiale, soprattutto quella in braccata, a destrutturarne i branchi, ed a stimolare la loro riproduzione sessuale, determinando quindi la propagazione dei cinghiali, non solo nelle aree protette, loro habitat naturale, ma anche nelle campagne e nelle città!

Ancona, li 8 Agosto 2021 Danilo Baldini – Delegato LAC per le Marche

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