CINGHIALI: PERCHE’ SI ALLEVANO PER RIPRODUZIONE E RIPOPOLAMENTO?
Non passa giorno che le cronache giornalistiche locali, regionali e nazionali non parlino di avvistamenti di branchi di cinghiali a spasso nei centri abitati o a prendere la “tintarella” in riva al mare o non denuncino i danni che questi ungulati arrecano alle coltivazioni agricole o i gravissimi incidenti stradali, anche mortali, da essi procurati.

Ed allora si grida all’emergenza cinghiali, si paventa una vera e propria invasione, si quantifica la presenza di questi animali sul territorio italiano in milioni e milioni di esemplari e come conseguenza di tutto questo, politici, amministratori, sindaci ed i comuni cittadini ne reclamano maggiori abbattimenti, sempre ed ovunque, anche nelle aree protette e nelle immediate periferie delle città, come se questi animali fossero una specie protetta e non siano invece sempre stati, sin dalla notte dei tempi, accanitamente cacciati ed uccisi dall’uomo!

Eppure, pochi sanno che in Italia esistono regolamenti e leggi che ne permettono addirittura l’allevamento, per “riproduzione” e per “ripopolamento”!

Dati molto interessanti su questo “fenomeno” sono emersi infatti dalla richiesta di accesso fatta dalla LAC Marche per conoscere la reale entità numerica di questi “misteriosi” allevamenti di cinghiali nella nostra Regione, la cui destinazione è ufficialmente quella per il consumo alimentare della loro carne.

Le cifre ufficiali parlano di una sessantina di aziende, sia pubbliche che private, una decina delle quali allevano decine o anche centinaia di cinghiali, come detto “per riproduzione” o “da ingrasso”, qualcuna anche per uso “ornamentale” o “da compagnia”…

Non si tratta di una battuta, ma lo stabilisce la legge, che nelle Marche è subordinata al Regolamento Regionale n. 42 del 1996, che disciplina anche gli altri allevamenti di fauna selvatica per uso venatorio, l’allevamento dei cani da caccia e la detenzione e l’uso dei richiami vivi, sempre per la caccia.

La domanda quindi sorge spontanea: se è vero, come sostengono tutti i giorni cacciatori, agricoltori, politici, sindaci, giornalisti ecc…, che ci sono troppi cinghiali in giro, che fanno molti danni, che causano incidenti stradali, che sono pericolosi per le persone ecc…, e quindi se ne richiedono maggiori abbattimenti, in modo da mantenere il loro numero “sotto controllo”, che senso ha allora permettere anche di allevarli?

Se fosse veramente per un uso “alimentare”, non sarebbero sufficienti le migliaia e migliaia di capi che vengono abbattuti con le braccate, nel corso della normale stagione venatoria o nelle “battute di controllo” che vengono effettuate, su chiamata, praticamente tutto l’anno?

E poi chi verifica che questi allevamenti siano tutti in regola e che, visto che i cinghiali sono tenuti tutti allo stato brado, magari qualche capo non riesca a “fuggire” dai recinti e quindi vada poi ad accoppiarsi ed a rimpinguare i branchi di cinghiali selvatici, magari in zone dove ce ne è carenza?

Per non parlare poi degli allevamenti illegali e clandestini, di cui non si hanno ovviamente dati certi, ma che ogni tanto vengono scoperti dalle Forze dell’Ordine?

La verità è che, negli ultimi decenni, intorno alla caccia al cinghiale si è venuto a creare un florido commercio, in gran parte anche sommerso, con ottimi guadagni, legato alla vendita della carne di questo ungulato ai ristoranti di cacciagione, ma anche ai privati, visto che la carne di cinghiale può essere venduta anche nelle macellerie e perfino online.

Quindi, per i cinghiali si può parlare di vera “emergenza” oppure, come pensiamo noi, si tratta in realtà solo di una grande montatura propagandistica, creata ad arte per permettere ai cacciatori di sparare sempre ed ovunque a questi animali?!? Lasciamo la risposta a chi ci legge…

Danilo Baldini – Delegato LAC per le Marche

Ancona, li 30 Settembre 2021

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