comunicato stampa, 19 settembre  2020

DOMANI L’APERTURA GENERALE DELLA STAGIONE VENATORIA.  

L A C :   “REGIONI INADEGUATE A TUTELARE E GESTIRE LA FAUNA SELVATICA”.

 

Un’ora prima dell’alba di domenica 20 settembre è prevista l’apertura generale della stagione di caccia 2020/21, che si concluderà il 31 gennaio per quasi tutte le specie; in alcune regioni la caccia a corvidi e colombaccio potrà proseguire sino al 10 febbraio 2020 , mentre la caccia di selezione con carabina  ad alcune specie di ungulati, come i cervidi ed il camoscio, è scaglionata anche in altri mesi dell’anno.

Il numero dei cacciatori italiani effettivamente in attività (calcolato in base al numero reale dei tesserini venatori regionali richiesti, in quanto il numero delle licenze di porto di fucile rilasciate dalle questure, valide per 5 anni, è fuorviante) è sceso sotto la soglia dei 470.000, a dispetto di cifre più trionfalistiche diffuse dal mondo armiero.

La Lega per l’Abolizione della Caccia  (LAC) è impegnata in prima fila nei tribunali amministrativi regionali per contrastare tutte le forzature illegittime in materia di specie, periodi, carnieri abbattibili, ecc., contenute nei provvedimenti emessi annualmente dalle Regioni, i cosiddetti “calendari venatori” , che elencano localmente  le regole per la stagione venatoria in corso.

Ai consueti problemi per la pubblica incolumità dei fruitori di boschi e campagne (il mancato rispetto delle distanze di sicurezza da case  e strade carrozzabili è la violazione più frequente), si aggiungono quelli di specie selvatiche  in declino (come coturnice, pernice bianca, canapiglia, tortora, beccaccia, moriglione, pavoncella, allodola, per citarne alcune),  minacciate dalla persecuzione diretta della caccia.

Gravissima l’emergenza dello scarso turnover del personale pubblico di vigilanza venatoria della polizia provinciale, preposto ai controlli (decimato dalla legge finanziaria 2015 e dai provvedimenti successivi alla legge Madia) . Ancora in gran parte inattuato da Regioni e Ministro dell’Ambiente  il Piano nazionale di contrasto agli illeciti contro gli uccelli selvatici , approvato dalla Conferenza Stato-Regioni nel marzo 2017.

Al dramma delle “sacche” territoriali ove il bracconaggio  è ancora consistente  (es. : Delta del Po, porzioni della Sardegna, Capitanata, isole minori siciliane, costiera amalfitana, isole campane,  l’intera provincia di Brescia, ecc.), si aggiunge la continua legislazione regionale illegittima, perché in contrasto con disposizioni statali e comunitarie, con una dozzina di leggi regionali (ad esempio per  Liguria, Toscana e Lombardia) impugnate presso la Corte Costituzionale nell’ultimo anno dal Consiglio dei Ministri.

Nemmeno orso e lupo sono formalmente al sicuro dalla furia ignorante  di amministratori locali  demagoghi, come nel caso di Trentino ed Alto Adige, sempre impegnati -anche di recente- a promuovere deroghe per l’eliminazione di alcuni esemplari dei grandi carnivori selvatici, dietro il falso paravento delle autonomie.

 

 

 

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