Comunicato Stampa 29 NOVEMBRE 2018

Ennesima modifica a favore della caccia della Legge Regionale 26/93.
I consiglieri regionali “calibro 12” senza scrupoli. 
Gravi i profili di incostituzionalità delle norme approvate.

Poche Leggi regionali hanno subito tante modifiche quanto la Legge 26/93 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria”: oltre 30 le modifiche che hanno in 26 anni svilito i contenuti che riguardavano la tutela del patrimonio faunistico, molte in contrasto alla Legge nazionale n.157 del 1992 che impone anche il recepimento di tutte le direttive internazionali.
Nel tempo sono andati di fatto persi alcuni dei principi cardine per rendere sostenibile la caccia con la conservazione della fauna e l’ambiente, come ad esempio tra le più importanti, il legame del cacciatore al territorio e la forma esclusiva di caccia, senza dimenticare ancora ad oggi, la mancata approvazione di una pianificazione faunistica regionale, presupposto che la legge nazionale impone, affinchè l’esercizio venatorio possa essere consentito.
Con le nuove modifiche approvate mercoledì scorso, le scriventi Associazioni denunciano l’ennesimo regalo alla lobby dei cacciatori più estremisti, in una Regione la Lombardia, dove è presente una delle aree nazionali più critiche per il persistente bracconaggio (in particolare la fascia prealpina tra la provincia di Bergamo e Brescia), a cui si aggiunge una sempre più scarsa presenza di vigilanza, e un territorio a grande concentrazione antropica con progressiva perdita di aree naturali.

Un “regalino” prenatalizio dopo l’ennesima figuraccia sul tema della caccia in Deroga e della cattura con reti di piccoli uccelli selvatici, i quali rinchiusi in minuscole gabbie sarebbero stati destinati come richiami vivi.
Ma veniamo ai dettagli trapelati su alcune delle modifiche approvate, così come annunciate dai Consiglieri lombardi “Calibro 12”.

• Non ci sarà più il limite di 55 giornate di caccia, provvedimento voluto solo per accontentare proprio i cacciatori da appostamento che si rivolgo alla fauna migratoria, visto che per tutti gli altri, stante il limite di 3 giornate di caccia settimanali, il provvedimento approvato non cambia nulla.

• Verrebbe eliminato l’obbligo di segnare la fauna appena abbattuta, introducendo il termine “recupero” per l’annotazione del capo abbattuto, in totale contrasto con la norma della Legge nazionale, appositamente modificata in applicazione della direttiva europea, che impone che la caccia sia sottoposta a “rigidi controlli”. Di fatto gli organi di vigilanza continueranno ad applicare la norma nazionale con la conseguenza che tale modifica creerà ulteriore confusione, mettendo in difficoltà i cacciatori che avevano ormai recepito e compreso la disposizione di legge, che mira a quantificare il prelievo venatorio anche nell’interesse dei cacciatori stessi.

• L’apice dell’irrazionalità sono poi le modifiche imposte al metodo di misurazione delle distanze degli appostamenti fissi (capanni) da zone di divieto, che d’ora in poi si dovranno verificare seguendo la morfologia del terreno e non in linea retta, tornando all’uso arcaico della bindella metrica, strumento da tempo sostituito dal GPS che consente misure precise e in tutte le condizioni morfologiche. Non va dimenticato che le distanze da abitazioni e strade riguardano la sicurezza delle persone che verrà messa ulteriormente in pericolo anche dalla deroga approvata per le abitazioni cosidette rurali (spesso vere e proprie villette) da cui non vige la distanza di sicurezza. Le disposizioni in questione, sono in netto contrasto con la normativa nazionale che in modo inequivoco vieta la caccia a distanza di 100mt da qualsiasi immobile o fabbricato purchè adibito ad abitazione o posto di lavoro, senza alcuna distinzione della categoria catastale.

• Vi è poi il recupero della selvaggina ferita, che potrà avvenire fino ad una distanza di 200 metri dai capanni, (contro i 100 metri attuali); in realtà la norma modificata parla di “recupero in attitudine di caccia” quindi di fatto si consente la forma di caccia vagante nel raggio di 200 metri dal capanno, violando la forma esclusiva di caccia.

Le Associazioni scriventi annunciano sin d’ora che segnaleranno prontamente al Governo tutti i profili di incostituzionalità al fine dell’impugnativa.
Ancora una volta non resta che osservare sbigottiti: una maggioranza del Consiglio regionale lombardo, che non ha nemmeno avvertita la necessità di ascoltare nella Commissione competente le ragioni delle Associazioni che rappresentano gli interessi ambientali della maggioranza dei cittadini e si sono concentrati per accontentare la parte più oltranzista dei 61.000 cacciatori lombardi, cioè lo 0,6% dei cittadini lombardi, ignorando che la biodiversità è valore per tutti, ed è già in forte declino a causa dei cambiamenti climatici e la perdita e il degrado progressivo delle aree naturali.

Milano, 29.11.2018

 

 

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