4 trentini condannati in Cassazione per furto aggravato ai danni dello Stato ed uso armi alterate e clandestine.

13 ottobre 2018

La prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 46130 depositata in data 11 ottobre 2018, ha confermato le condanne, a vario titolo, a carico di quattro cittadini trentini (Antonio Melotti, Livio Groff, Rinaldo Mattivi e Livio Facchinelli), per i reati di detenzione e porto di armi clandestine ed alterate, furto aggravato ai danni dello Stato di un capriolo, detenzione illecita di munizioni.

Respinto il ricorso degli imputati avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento, con contestuale condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di ulteriori 2.000 euro ciascuno.

Riaffermata la tesi giurisprudenziale del cosiddetto “furto venatorio” secondo la quale, in caso di esercizio abusivo dell’attività venatoria da parte di soggetti privi di licenza di porto di fucile ad uso caccia, si integra la più grave ipotesi di furto aggravato ai danni dello Stato, essendo la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato, di cui ci si può appropriare solo rispettando le regole della concessione in materia di armi ed i regolamenti venatori statali e locali.

La Cassazione , nella circostanza ha riaffermato che: “La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata ad affermare che «il reato di furto aggravato di fauna ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato è configurabile, nonostante la disciplina dell’attività venatoria sia stata regolamentata dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, qualora l’apprensione, o il semplice abbattimento della fauna sia commesso da persona non munita di licenza di caccia» (Sez. 5, n. 48680 del 06/06/2014, Fusco ed altro, Rv. 261436; nello stesso senso Sez. 4, n. 34352 del 24/05/2004, Peano e altro, Rv. 229083).”

La Lega Abolizione Caccia (LAC), nel prendere positivamente atto della sentenza della Suprema Corte, ricorda i ritardi da parte del Ministero dell’Ambiente nell’attuazione del Piano nazionale di contrasto del bracconaggio, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il 30 marzo 2017, specialmente per quanto riguarda il turnover del personale pubblico di vigilanza (che ne costituiva uno dei punti più qualificanti),nonché il mancato coinvolgimento dei Corpi forestali delle regioni e province autonome e dei servizi di Polizia Provinciale.

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