Una denuncia dei carabinieri forestali scopre il vero volto della ricerca scientifica venatoria.

Il vaso è stato scoperchiato il giorno 19 ottobre , quando un celebre impianto di cattura e rilascio degli uccelli migratori, autorizzato per raccolta dati scientifici a fini di studio delle migrazioni, si è rivelato sede di comportamenti che ricordano assai più la vecchia uccellagione con le reti , oggi vietata e penalmente sanzionata.
Non deve essere una coincidenza il fatto che il sequestro dell’impianto del roccolo di Arosio (CO) per opera dei carabinieri forestali, causa uccellagione, ricada su un fondo di cui è comproprietario un avvocato che risulta presidente onorario dell’associazione venatoria ANUU, nonchè ex vicepresidente della FACE, la federazione dei cacciatori europei (Federation of Associations for Hunting and Conservation of the European Union).

L’impianto sequestrato , nel comasco, è gestito dalla fondazione Il Nibbio (FEIN), presieduta dal medesimo avvocato. Ma invece di funzionare come stazione di inanellamento degli uccelli sulla base di regole rigide nell’ambito di un programma di ricerca scientifica approvato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ), stava catturando con centinaia metri di rete volatili di ogni specie violando i protocolli standard, a partire dal divieto dell’uso di richiami elettroacustici, per passare all’attività di persone non titolate in azione tra le reti e la contestazione dell’ipotesi anche del reato di maltrattamento animali.

Questo blitz che ha portato al sequestro di tutto l’impianto, scaturito grazie a nostre segnalazioni insieme con l’associazione europea CABS, ha dimostrato una realtà che la Lega Abolizione Caccia denuncia da anni: l’ambiguità e lo scadente valore della pseudo-ricerca scientifica gabellata da parte del modo venatorio per avvalorare richieste di estensione dei periodi di caccia.
Adesso sappiamo che il roccolo di Arosio, vantato in decine di occasioni come luogo di scienza ornitologica (la fondazione FEIN si è iscritta all’IUCN- Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), si è dimostrato in realtà un sistema d’uso talvolta anche abusivo delle reti. La Lac si costituirà in giudizio come parte Civile con l’obiettivo di garantire che si faccia chiarezza e che vengano comminate pene adeguate alla gravità delle violazioni.

Cittadini e istituti di ricerca (come l’ISPRA) sono ora di fronte a un dimostrazione incontestabile di un problema: l’attendibilità scientifica del mondo venatorio è equivalente allo zero; lo riprova un’altra operazione portata a termine a pochi giorni di distanza dalla prima dai carabinieri forestali nel corso dell’ “Operazione Pettirosso” nella provincia di Monza-Brianza. Anche in questo caso è finito nel mirino un roccolo. Lo gestiva un ex docente universitario che, anziché fare ricerca, catturava e commercializzava uccelli durante la notte con 200 metri di rete e con l’aiuto di due complici. Le perquisizioni nel sito e nelle abitazioni hanno portato al sequestro di centinaia di esemplari vivi.

Alcune associazioni dei cacciatori (complessivamente scesi a circa 465.000 in Italia) tentano ancora ipocritamente di proporsi alle istituzioni come interlocutori scientifici che hanno a cuore il patrimonio faunistico. Tale ipocrisia si accompagna in alcune province lombarde a capricciose richieste alla politica e alle prefetture di annacquare controlli perfettamente legali, con cui si scoprono sistematicamente violazioni alla normativa venatoria.

Il tutto mentre in Regione Lombardia, con una mozione alla Giunta votata il 6 novembre, si sta pensando -nel nome della tutela delle tradizioni- di elargire 200.000 euro, soldi di tutti i cittadini lombardi, alle strutture dei roccolatori .

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